mercoledì 27 maggio 2009

Non solo PII (per fortuna)

La parabola dei piccoli paesi di montagna non è sempre negativa, non ci sono solo i cattivi, pessimi, esempi alla Piazzatorre.

A Marzio, paese dalla Valganna, in provincia di Varese, 750 m circa s.l.m., più o meno 300 abitanti, da un paio d'anni è partito un piano di rilancio socio-economico basato interamente sulla connettività, sull'informatica, sull'high-tech.

Il caso è interessante perché Marzio soffriva, e certamente soffre anche oggi, dei problemi tipici dei piccoli paesi montani: scarse occasioni di lavoro, economia essenzialmente basata sulle rimesse di pendolari e frontalieri, abbandono, turismo mordi e fuggi o in seconda casa (qui il rapporto è di quattro abitazioni in seconda casa per una in prima casa).

Un punto a favore è rappresentato da una contro tendenza rispetto all'età media degli abitanti, qui la quota di giovani, adolescenti o comunque sotto i trent'anni, è decisamente più rilevante rispetto a molte altre realtà analoghe.

Anni fa un'intuizione, trasformatasi poi in un progetto co-finanziato dalla Provincia e che ha visto il coinvolgimento di una prestigiosa Università locale, la Liuc di Castellanza.

Ne sortì il Progetto Bussola ovvero la "Comunità Eco-Tech", quale coniugazione di ecologia, economia, tecnologia, formula innovativa pensata per rendere Marzio luogo di attrazione di investimenti a carattere produttivo, senza compromissione del territorio.

Oggi quel progetto è in fase di attuazione, pur con le inevitabili difficoltà conseguenti alla ridotta disponibilità di risorse necessarie per "avviare la macchina", ma Marzio ci crede e non cede alla tentazione del mattone: esempio più unico che raro, è un paese totalmente coperto dalla banda larga Wi-Fi, il PGT in fase di elaborazione punta ad aumentare i residenti effettivi, ma in una prospettiva temporale di vent'anni, nel corso dei quali dovranno consolidarsi dapprima i nuovi servizi e le nuove attività prefigurate nel Progetto Bussola.

Un esempio virtuoso, forse troppo, meglio non parlarne in giro, qualcuno potrebbe decidere di imitarlo.

mercoledì 20 maggio 2009

Parallelismi

Il malato d' Europa ha il volto grave di Zapatero che comunica al Parlamento lo «stato della nazione»: oltre quattro milioni di disoccupati. [...] Ha il viso rabbuiato [...] della «prima generazione di spagnoli alti e biondi»: figli del benessere e della democrazia, chiamati ora dalla crisi alla prova della vita. Una crisi che atterrando all' aeroporto di Madrid-Barajas svela subito il suo simbolo: la gru. Decine, centinaia, migliaia di gru che dalla periferia della capitale si dipartono in ogni direzione: cantieri fermi, palazzi vuoti come quinte teatrali, sogni interrotti. Appena un anno e mezzo fa, Zapatero comunicava al mondo il sorpasso sull' Italia. Prodi contestò i dati. Poi lo affrontò a quattr'occhi: «Il vostro boom è drogato. Com'è possibile che in Spagna si costruiscano più case che in Italia, Francia e Germania messe assieme?». «Ma gli acquirenti sono stranieri», fu la risposta. «Appunto - replicò Prodi -. Alla prima sconfitta, i mercenari scappano». All' epoca la Spagna cresceva di oltre il 3% l' anno. Ora il pil diminuisce allo stesso ritmo del 3%. Le previsioni parlano di dieci trimestri consecutivi di recessione: quasi una maledizione biblica. Su tre milioni di posti di lavoro distrutti dalla crisi in Europa, la metà erano spagnoli. I disoccupati crescono al ritmo di 7 mila al giorno, e quando verrà il peggio, a fine anno, potrebbero essere cinque milioni.

E' un brano tratto da un recente articolo di Aldo Cazzullo, pubblicato sul Corriere della Sera di domenica 17 maggio 2009.

La Spagna ha puntato, negli scorsi anni, sul mercato immobiliare quale motore dello sviluppo e dell'economia. I risultati sono arrivati. Ci hanno messo dieci anni, ma sono arrivati, inesorabili.

L'ennesima lezione inutile.

giovedì 14 maggio 2009

La crisi dell'urbanistica

Viviamo un momento particolarmente critico rispetto alla cultura e alla prassi urbanistica.

Nella fase attuale, caratterizzata da estrema frammentarietà della normativa urbanistica, molti sono d'accordo sulla necessità di superare la rigidità che ha contraddistinto la pianificazione degli ultimi decenni. Ma questa convinzione non ha spinto a individuare strumenti più moderni per lo sviluppo della comunità, come ci si aspettava, strumenti che richiamino: a) uno sforzo per evitare lo spreco del territorio attraverso un pieno riuso degli spazi già urbanizzati; b) la necessità di governare i mutamenti, convertendoli in occasioni di progresso urbano, anziché subirne le conseguenze.

Molti amministratori, in presenza di un ruolo marginale delle Regioni, si sono dedicati in maniera spropositata ad una forma improvvisata di urbanistica contrattata, spesso senza un'adeguata preparazione. Qualcuno ha deragliato per aver sottovalutato la delicatezza della materia, quando questa viene gestita senza la copertura normativa del Piano Regolatore.

Il passo tra una disinvoltura eccessiva nell'uso della discrezionalità e l'ipotesi di un'attività censurabile in via giudiziaria è stato, purtroppo, breve.

Un altro dato che emerge in maniera chiara riguarda la preponderanza, in molti casi, delle forze imprenditoriali nell'azione di governo dei processi di trasformazione urbana. Una prevaricazione con una pressione trasversale in grado di presentare interessi privati come fossero obiettivi pubblici. In proposito è molto interessante quanto spiegato con estrema lucidità da Edmondo Berselli su Repubblica: "La tecnica prevalente consiste ormai da tempo nel variare quei parametri urbanistici, come le destinazioni d'uso, che possono modificare in modo rilevante il valore di immobili e terreni….. In secondo luogo il rapporto, o finanche la coalizione, con settori economici identificabili, tende a stratificare un insieme di scambi e concessioni che fa riferimento ai partiti, alle maggioranze, ma via via alle correnti e ai circuiti di potere afferenti alle singole personalità politiche".

Ora è importante capire cosa fare per uscire da questa chiazza grigia. Lasciando da parte le patologie nei comportamenti individuali, interessa di più capire come operare per dotare di bussole adeguate le Amministrazioni pubbliche. Occorre riannodare i fili che tenevano assieme le pratiche di buona amministrazione.

Non basta discutere di qualità urbana, va posta all'ordine del giorno anche la qualità e l'adeguatezza degli amministratori. Molti di questi si sono distinti per eccesso di autostima e per carenza di capacità, in un campo popolato da imprenditori agguerriti. Un tema di competenza non solo della politica. Quando non si forniscono risposte adeguate, i problemi amministrativi si trasformano in criticità politiche e, subito dopo, in questione morale. E questo dipende anche dalla “qualità” degli amministratori pubblici.


Testo liberamente tratto da un intervento per A.U.DIS scritto da Luigi Nappo, ex assessore all'urbanistica del Comune di Bergamo.

mercoledì 13 maggio 2009

Abitazioni "secondarie"

Lo Svizzero-Italiano è una lingua che assomiglia all'italiano parlato da noi, ma non è la stessa cosa. Ho da poco scoperto che le nostre "seconde case" per gli Svizzeri sono "abitazioni secondarie" (Zweitwohnungen).

La storiella mi dà lo spunto per informare circa il fatto che anche oltralpe il tema delle abitazioni di vacanza è sentito, tanto che è stato chiamato ad occuparsene persino il Consiglio federale (l'equivalente del nostro Parlamento), dopo che fu presentata, nel dicembre 2007, una proposta di referendum tesa a modificare la Costituzione confederale affinché questa vietasse la costruzione di seconde case una volta raggiunto il "tetto" del venti per cento del totale delle unità abitative.

Pur bocciando l'ipotesi di andare al referendum, in quanto ritenuta troppo radicale, il Consiglio ha determinato che occorresse:

"Integrare la problematica delle abitazioni secondarie nella pianificazione direttrice.
Le questioni relative alla costruzione di abitazioni secondarie sono tutt'ora pendenti in Parlamento: nel suo messaggio del 4 luglio 2007 concernente una modifica della legge sulla pianificazione del territorio come misura accompagnatoria relativa all'abrogazione della Lex Koller, il Consiglio federale ha proposto di obbligare i Cantoni ad integrare la problematica delle abitazioni secondarie nei loro piani direttori e ad adottare misure a favore di soluzioni coordinate sul piano sovracomunale. Vanno evitate le situazioni di concorrenza indesiderate e il semplice spostamento dei problemi da un Comune all'altro. Secondo il parere del Consiglio federale, i piani direttori cantonali rappresentano lo strumento per assicurare che si tenga conto al meglio delle circostanze specifiche di ogni singolo Cantone. Le misure da adottare in questo ambito possono essere coordinate in maniera ottimale con gli obiettivi in materia di sviluppo degli insediamenti, dell'economia e del paesaggio"
.

A dedicarsi operativamente al problema è chiamato l'Ufficio federale dello sviluppo territoriale, che sta cercando delle soluzioni, congiuntamente agli Uffici cantonali competenti, ai servizi federali interessati e agli esperti del settore turistico. La guida alla pianificazione, con misure comunali e regionali volte ad attuare le prescrizioni dei piani direttori, servirà ai Cantoni come base per integrare la tematica delle abitazioni secondarie nella pianificazione direttrice cantonale. Una prima bozza della guida è oggetto di un'indagine conoscitiva avviata a fine aprile e che terminerà il 31 luglio 2009.
Tutto ciò è nato dopo aver riscontrato che nel distretto di Goms (Alto Vallese), le seconde case avevano raggiunto il 57% del totale.

Ah ah ah, dilettanti, non sono mai stati in visita in Val Brembana!

martedì 12 maggio 2009

Vox clamantis in deserto

[...] La strada del cemento è stata la scorciatoia più facile per una politica che non solo ha smesso di pensare, ma non vuole nemmeno che lo facciano altri. Specie se si tratta di intellettuali che tenacemente ci provano. Cosa sia successo è semplice da spiegare. [...] si è risposto alla crisi economica e dell’occupazione, figlie anche di una lenta ma inesorabile deindustrializzazione, con massicci piani di sviluppo urbanistico ed edilizio. Tutto qui. Con evidenti vantaggi: i cantieri portano occupazione immediata. E questo sia nelle fasce più basse della popolazione (immigrati compresi), sia nell’esercito di fornitori, costruttori e piccole imprese dell’indotto; i soldi che girano sono tanti e l’economia cresce; la politica, poi, ci guadagna due volte: prima governando il flusso delle risorse e delle licenze edilizie, poi incassando i tributi locali.
Perché [si deve] spezzare il cerchio? Perché ci sono anche gli svantaggi: l’edilizia è come una fiammata che scalda molto, ma dura poco e che produce nel tempo costi crescenti, quelli che discendono dal maggiore inquinamento e dal consumo di risorse pubbliche (acqua, energia, territorio). In più, alla lunga produce non reddito, ma rendita. Che di fatto la collettività è chiamata ad alimentare pagandone costi e servizi. In [...], poi, c’è un’aggravante: in una zona a forte vocazione turistica, questo tipo di politica economica produce reddito (rendita) solo per pochi mesi l’anno; in più, tutto avviene all’ombra di un paradosso: la continua distruzione proprio di quel capitale che ne ha fatto per anni un’oasi ambìta dal turismo culturale e vacanziero. È come fare un falò dei soldi che ci ha lasciato il nonno. Finora di queste cose si è discusso, diciamo così, all’italiana. Cioè dividendosi, attaccandosi, disprezzandosi: scapoli contro ammogliati, favorevoli e contrari, partito dei geometri e partito dei vip. Senza cominciare invece a interrogarsi se non esista un modo diverso di affrontare la questione, e se non si debba finalmente cominciare a pensare a forme alternative di sviluppo, di crescita, se non altro più eque e più durature. Per capire che è il momento, non c’è bisogno di chiamarsi Barack Obama.
Autore: Bruno Manfellotto
Luogo: Toscana
Differenze con la situazione lombarda: zero.

mercoledì 6 maggio 2009

Pubblicato l'avviso di approvazione

E' di stamane la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia (Serie Inserzioni e Concorsi, n. 18) dell'avviso di approvazione del PII, che diventa, pertanto, efficace.

Da oggi partono i sessanta giorni per i ricorsi al TAR e i centoventi giorni per i ricorsi straordinari al capo dello Stato.

Per i primi serve l'avvocato, per i secondi no, si possono redigere e presentare senza ricorrere all'assistenza legale.

Buona fortuna agli eventuali ricorrenti.

Buona fortuna anche a Piazzatorre. Rinnoviamo l'augurio di esserci sbagliati sugli esiti di questa operazione.